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martedì 23 maggio 2023

News - Il patto di garanzia "star del credere"

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Come funziona in Italia il “patto” che tutela l’impresa dal rischio del mancato pagamento di un terzo soggetto

 

Lo "star del credere" è un patto mediante il quale l'agente garantisce l'esecuzione del contratto concluso dal preponente con il terzo. Il comma 3 dell'art. 1746 del Codice Civile, dedicato proprio a questo tipo di pattuizioni, è stato oggetto di modifica da parte della Legge n. 526 del 1999 (Legge Comunitaria) con la previsione di una serie di limiti a queste ipotesi.

Viene infatti detto che: "è vietato il patto che ponga a carico dell'agente una responsabilità, anche solo parziale, per l'inadempimento del terzo. È però, consentito eccezionalmente alle parti di concordare di volta in volta la concessione di una apposita garanzia da parte dell'agente, purchè ciò avvenga con riferimento a singoli affari, di particolare natura ed importo, individualmente determinati; l'obbligo di garanzia assunto dall'agente non sia di ammontare più elevato della provvigione che per quell'affare l'agente medesimo avrebbe diritto a percepire; sia previsto per l'agente un apposito corrispettivo."

La cosiddetta clausola dello “star del credere” può essere quindi definita come una vera e propria garanzia, con la quale un soggetto assume, in parte o integralmente, il rischio del mancato pagamento di un terzo da lui introdotto, impegnandosi a rimborsare al preponente, entro i limiti pattuiti, la perdita da questi subita.

Con la riforma, è stato dunque inserito un terzo comma nell’art. 1746 c.c.. Detto comma ha introdotto un esplicito divieto di inserire nei contratti di agenzia una clausola che “ponga a carico dell’agente una responsabilità, anche solo parziale, per l’inadempimento del terzo“.

Ad ogni modo, la norma prevede espressamente la facoltà delle parti di derogare a tale divieto, ma solamente “per singoli affari, di particolare natura ed importo, individualmente determinati“.

La garanzia in tali casi però incontra il limite quantitativo imposto dallo stesso comma 3 dell’art. 1746 c.c., non potendo essere superiore, come si diceva, alla provvigione che l’agente avrebbe diritto a percepire in relazione al medesimo affare.

In ambito europeo, tale istituto veniva e viene tutt’oggi disciplinato nei Paesi membri principalmente nei seguenti due modi:

  1. le parti possono concordare lo “star del credere” solamente per determinati affari o clienti, ma, in tali casi, l’agente garantisce al 100% il rischio del preponente (meccanismo seguito ad esempio da Germania, Finlandia e Portogallo);
  2. è previsto un generico obbligo di garanzia a carico dell’agente su tutti gli affari promossi dall’agente, ma di ammontare molto inferiore all’effettivo danno subito dal preponente (si pensi a Belgio, Paesi Bassi e poi anche Italia).

L’utilizzabilità dello “star del credere”, anche in Italia risulta di fatto molto meno rilevante nel nostro sistema. Le parti possono, infatti, pattuirlo solamente caso per caso e, inoltre, la garanzia dell’agente deve essere limitata ad un importo pari e non superiore alla sua provvigione.

Da un lato lo “star del credere”, così disciplinato, non ha più la funzione di garantire il preponente per determinati affari che ritiene essere rischiosi, la garanzia infatti non è del 100%, ma è solamente pari alla provvigione che l’agente avrebbe diritto a percepire per quel determinato affare), dall’altro non può essere utilizzato per responsabilizzare l’agente, in quanto non può operare riguardo a tutti gli affari promossi dall’agente stesso, ma solo in singoli casi in cui il preponente ha il sospetto che il cliente sia poco affidabile.

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