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lunedì 17 dicembre 2007

Sergio Rebecca, presidente della Confcommercio di Vicenza replica all’assessore regionale Fabio Gava.

Le dichiarazioni e le argomentazioni dell’assessore regionale Fabio Gava apparse sulla stampa, a seguito della nostra protesta contro il suo progetto di legge regionale sul commercio, mi sconcertano per la loro genericità ed infondatezza.
Devo evidentemente ricordare all’assessore che Confcommercio regionale, fin dal giugno scorso, ha formalmente e ripetutamente contestato l’impianto globale della sua proposta di legge, obiettando sia sui 350.000 mq. di ulteriori grandi strutture di vendita, sia sull’inadeguatezza degli interventi per le medie strutture, sia sulle previste ulteriori deroghe all’obbligo della chiusura festiva degli esercizi commerciali.
Su questi temi, l’assessore non può fingere di ignorare che “le molte modifiche” al testo di legge da lui accolte sono del tutto marginali, e che, quindi, i veri grandi problemi da noi segnalati restano tuttora da affrontare. E non credo certo che i commercianti veneti vorranno brindare alla sua precisazione “che la programmazione durerà sei anni, anziché tre” e che “i 200.000 mq. di programmazione negoziata e strategica sono – bontà sua – un limite e non un obiettivo”.
Meglio avrebbe fatto l’assessore, anziché accusarmi di dire bugie, a spiegare che “i dati del 2007 della Regione” da lui citati esistono e rendere noto perché non sono stati forniti e che quindi non è ignota la fonte delle percentuali della grande distribuzione in Veneto, rispetto alle altre regioni da lui citate.
Per le nostre considerazioni in materia di commercio, invece, la fonte è ben nota e riconosciuta da tutti, poiché ci siamo basati su dati ufficiali del Ministero, che in tutta evidenza dicono che, prendendo in considerazione solo le strutture di vendita da 2.500 mq. in su, il Veneto con il 12,09% è al di sopra della media nazionale (10,92%) e supera il Piemonte (11,80%).
E, sempre in tema di dati statistici, l’assessore Gava sorvola con regale noncuranza sul fatto che Confcommercio ha documentato errori nell’utilizzo dei dati dello “studio Cushman” sui centri commerciali in Europa, e che tali dati sono stati utilizzati al fine di giustificare nella proposta di legge, gli ulteriori 350.000 mq. di superficie concedibile per grandi insediamenti.
Sorprende, ma non più di tanto, che mentre l’assessore Gava afferma il vero quando dice che nei dati ministeriali sono compresi anche i minimarket, ovvero gli esercizi commerciali con superficie compresa tra i 200 e 399 mq., finge di non essersi accorto che nei nostri elaborati abbiamo disaggregato i dati per ogni singola tipologia, con il risultato che, quanto più grandi sono le superfici considerate, tanto più il Veneto risulta avere la maggiore densità di superfici; se si guarda ai centri commerciali, nel Veneto la densità è superiore alla media del Triveneto, dell’Italia, dell’Europa.
Che la miglior difesa sia l’attacco è spesso una tattica efficace, ma è sorprendente la disinvoltura usata dall’assessore Gava riguardo alla media distribuzione, da lui additata quale unica responsabile delle difficoltà per gli esercizi di vicinato.
L’assessore evidentemente non ricorda che Confcommercio aveva proposto, per meglio regolamentare tali insediamenti: a) il passaggio di competenza alle Province e non più ai Comuni; b) il mantenimento dei criteri riferiti all’indice di equilibrio tra le medie e grandi strutture di vendita e gli esercizi di vicinato; c) l’abbassamento del tetto delle medie, che invece l’assessore vuole innalzare a 2.500 mq. in tutti i Comuni.
Ed è risibile che l’assessore puntualizzi e sottolinei con sussiego che la programmazione delle medie strutture è attualmente di competenza comunale. La cosa è, infatti, ben nota a tutti ma ciò non esclude che, legiferando, la Regione possa modificare tale assetto normativo.
Ai commercianti veneti, ai lavoratori ed al 65% dei cittadini veneti, che nel referendum del 1995 votarono contro l’apertura festiva dei negozi, invece, sarebbe piaciuto molto che l’assessore, per esempio, avesse dichiarato rivedibile, anzi eliminabile, la sua proposta di aumentare a 12 le aperture domenicali. E ancora, che avesse cancellato quella, del pari inaccettabile, che la Giunta regionale possa individuare ulteriori Comuni a cui estendere la qualifica di zona turistica o di città d’arte al fine di consentire l’apertura festiva dei negozi.
Del pari, sono ugualmente certo che i commercianti e i cittadini veneti avrebbero gradito che l’assessore Gava non si limitasse al silenzio sulla legge per la rivitalizzazione dei centri storici, che è ferma da anni ed i cui connessi finanziamenti calano di anno in anno, ma che avesse detto chiaramente come intende procedere per tutelare un patrimonio che va salvaguardato non solo perché è parte importante del sistema distributivo ma perché fondamentale alla vita stessa delle città.

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