IRAP LEGITTIMA, LA SENTENZA UE NON SORPRENDE
Nr. 19 del 16/10/2006
L’atteggiamento prudente della Confcommercio di Vicenza sulla vicenda dei ricorsi contro l’Irap si è rivelato, alla lunga, lungimirante: la Corte di Giustizia europea ha infatti dichiarato che questa imposta non va contro il diritto comunitario, con buona pace di chi invece si diceva convinto che ne sarebbe stata decretata l’illegittimità. Non c’è, ovviamente, di che stare allegri, considerato che un esito diverso avrebbe aperto la possibilità, almeno per le imprese più strutturate, di ottenere consistenti rimborsi. Per le piccole imprese, invece, non cambia poi granché. Anzi. Va ricordato, infatti, che l’Irap, introdotta nel 98 dall’attuale Vice-ministro Visco, aveva sostituito una serie di tributi, come l’Ilor, l’Iciap, l’imposta sul patrimonio netto delle imprese, il C.S.S.N. (tassa sulla salute), la tassa sulla partita Iva e le tasse di concessione comunale. Non si trattava quindi un nuovo balzello, ma di una tassazione sostitutiva di un certo numero di vecchi e numerosi tributi, caratterizzati, nel loro complesso, da una forte irrazionalità applicativa e, per le piccole imprese con scarsa incidenza dal costo del lavoro e di interessi passivi aziendali, da una onerosità ben maggiore della subentrante IRAP.
Le motivazioni che hanno spinto, tra l’altro abbastanza prevedibilmente, la Corte di Giustizia Ue a dare un sostanziale “via libera” all’Irap dipendono dal fatto che questa tassa non contrasta con la sesta direttiva Iva e in particolare con il divieto, per gli Stati membri, di introdurre o mantenere sistemi fiscali aventi natura di imposte sulla cifra d’affari. Ciò in quanto l’Irap, secondo la Corte, “non è proporzionale al prezzo dei beni o dei servizi forniti e non è strutturata in modo da essere posta a carico del consumatore finale nel modo tipico dell’Iva”.
I nodi ancora aperti
Ma la battaglia sull’Irap non si limitava all’attesa sentenza di legittimità in sede europea. C’è anche un’altra questione, ancora aperta, sulla quale invece potrebbero esserci in futuro delle novità, vale a dire la possibile non applicazione dell’Irap a determinati lavoratori autonomi, come gli agenti, i professionisti, ma anche, per certi versi, i piccoli commercianti.
La Corte Costituzionale, infatti, investita nel 2001 del giudizio di legittimità sull’Irap ha confermato, con la sentenza n. 156/2001, la piena conformità dell’Irap alla Costituzione. Tuttavia, nell’affermare tale principio, la Corte ha altresì precisato che “mentre l’elemento organizzativo deve ritenersi connaturato alla nozione stessa d’impresa, altrettanto non può dirsi per quanto riguarda l’attività di lavoro autonomo” e quindi “nel caso di un’attività professionale che fosse svolta in assenza di elementi di organizzazione (da intendersi come presenza di beni strumentali, beni patrimoniali, lavoratori dipendenti), risulterà mancante il presupposto stesso dell’Irap”.
In altre parole, considerato che il presupposto di questa tassa è l’esercizio di un’attività autonomamente organizzata, la Corte ha affermato che tale requisito è sempre insito nella nozione di impresa, mentre per quanto riguarda le attività di lavoro autonomo, lo stesso va verificato caso per caso.
Proprio facendo leva su questa sentenza, talune imprese minori, anche con il supporto della Confcommercio di Vicenza, hanno presentato istanza di rimborso alle Commissioni tributarie provinciali, motivandola con l’esiguità dei mezzi strumentali, l’assenza di lavoratori dipendenti o di collaboratori. Già alcune commissioni di altre province si sono pronunciate fa vo revolmente, in alcuni casi esten den do il principio del non assogget tamento ad IRAP anche alle imprese minori, come piccoli commercianti, piccoli artigiani, agenti e rappresentanti di commercio. Non è stato però elaborato uno specifico criterio di autonoma organizza zio ne che possa fungere da riferi men to per le future sentenze dei giudici di merito e pertanto sarà necessario attendere ulteriori pronunce affinché possa affermarsi un orientamento consolidato. La questione Irap, dunque, rimane ancora aperta, almeno per le micro imprese. L’attesa per un chiarimento definitivo appare tuttavia lunga e complessa, qualora la soluzione del problema dovesse scaturire da un orientamento giurisprudenziale generalizzato favorevole alle piccole imprese.
Molto meglio e più immediata sarebbe la soluzione per via legislativa, ma fino ad ora le istanze avanzate in questo senso dalla Confcommercio sono rimaste inascoltate.
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