APPELLO ALLA POLITICA: CAMBIATE QUESTA FINANZIARIA
Nr. 19 del 16/10/2006
“Il Disegno di Legge relativo alla Finanziaria 2007, approvato dal Consiglio dei Ministri il 29 settembre scorso, interviene praticamente su tutti gli aspetti della vita economica e sociale del Paese e, se verrà approvato nel testo proposto, colpirà duramente il lavoro autonomo e le piccole e medie imprese, in particolare del Terziario”. Esordisce così la lettera del presidente della Confcommercio di Vicenza Sergio Rebecca, spedita nei giorni scorsi ai Parlamentari vicentini della maggioranza e dell’opposizione, per protestare contro la manovra, ma anche per proporre una via concordata che corregga profondamente alcuni aspetti del provvedimento.
Sono ore “febbrili” quelle che si stanno vivendo in Confcommercio, perché la posta in gioco è alta e richiede fermezza nel ribadire le ragioni del proprio “no” a molti contenuti di questa Finanziaria, ma anche capacità di mediare e di indicare vie alternative in grado, alla fine, di non stravolgere gli obiettivi che comunque questo Governo si è dato in termini di rientro strutturale del deficit.
“La linea che stiamo tenendo come Confcommercio è quella di far capire che alcune misure mettono seriamente a rischio l’unico settore trainante dell’economia italiana, vale a dire il Terziario, e la vera ossatura del Sistema Paese, vale a dire le piccole e medie imprese”, spiega Rebecca, impegnato in questi giorni in una “spola straordinaria” tra Vicenza e Roma proprio per definire, assieme a tutto il consiglio nazionale della Confcommercop e nella sua veste di vice-presidente confederale, le strategie di lotta da attuare.
Un conto salato per le imprese
L’aumento dei contributi previdenziali per gli autonomi, la revisione degli studi di settore, il conferimento di rilevanti flussi del TFR maturando all’Inps, l’intervento peggiorativo sull’apprendistato rappresentano infatti un insieme di “sorprese”, come ha scritto Rebecca nella lettera ai Parlamentari “che fa pagare un conto salato alla parte più produttiva del Paese, in controtendenza rispetto alla necessità di valorizzare il contributo dell’economia alla crescita e allo sviluppo. Non solo: inevitabilmente gli effetti di questa Finanziaria andranno a colpire sia le aziende che i consumatori, perché comportano un aumento della pressione fiscale e la depressione dei consumi”.
A preoccupare la Confcommercio di Vicenza è anche la facoltà concessa agli Enti Locali di aumentare ulteriormente la pressione fiscale. “Il taglio di risorse a tali Enti - scrive infatti Rebecca - li indurrà a rivalersi sui contribuenti e sulle imprese. La possibilità di innalzare l’aliquota dell’addizionale Irpef, di introdurre un’imposta di scopo per la realizzazione di opere pubbliche, di prevedere la revisione delle rendite catastali, con conseguente aumento dell’ICI, sono tutte misure che innescano una “bomba ad orologeria”, i cui effetti si faranno sentire indistintamente su tutto il tessuto sociale”.
Insomma, dice il presidente Rebecca spiegando le motivazione che lo hanno spinto a prendere carta e penna e manifestare ai parlamentari vicentini gli aspetti che più preoccupano le aziende del settore, “nell’attesa di un federalismo fiscale ancora tutto da costruire, addizionali, imposte e tributi locali crescono all’interno di un disegno che continua a non affrontare con la necessaria determinazione né il tema della crescita della produttività della funzione pubblica, né quello del contenimento e della riduzione della spesa pubblica. E intanto, secondo le nostre proiezioni la pressione fiscale tornerà largamente oltre il 42% del PIL, il dato più alto dal 1997”.
Tfr, inaccettabile
“controriforma”
E che dire degli interventi previdenziali? “I numeri, in questo caso, dicono già tutto - è il commento di Rebecca, che si basa sull’analisi della Manovra fatta da Confcommercio in occasione della recente audizione davanti alle Commissioni Bilancio delle Camere - : l’aumento della contribuzione previdenziale a carico delle gestioni del lavoro autonomo arriva a 1,3 miliardi di euro nel 2007. Quanto all’aumento della contribuzione per gli apprendisti, si colpisce, in questo modo, l’unico strumento rimasto di ingresso agevolato nel mercato del lavoro, accompagnato dalla formazione. A seguito di tale misura, per il solo settore terziario, è possibile stimare una crescita conseguente del costo del lavoro intorno ai 350 milioni di euro. E poi c’è quella che abbiamo chiamato “la controriforma” del Tfr, un’operazione inaccettabile - prosegue il presidente Rebecca - poiché i suoi benefici di breve sul disavanzo pubblico cozzano con l’accrescimento sostanziale del debito contratto nei confronti dei lavoratori; e perché, soprattutto, rischia di frenare il decollo della previdenza integrativa nel nostro Paese, in quanto rende cointeressato lo Stato ad una più limitata destinazione dei flussi del TFR a questo scopo”.
Cuneo fiscale?
Meglio la “no Irap” area
L’operazione Tfr è stata comunque presentata come un “boccone amaro” da digerire, largamente addolcito però dal provvedimento sul taglio del cuneo fiscale. “Peccato però che di questo tanto sbandierato taglio se ne beneficeranno, secondo i nostri calcoli, non più di 500mila imprese”, afferma Rebecca. Il vantaggio, riguardando unicamente i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, non tiene infatti conto delle caratteristiche strutturali della flessibilità in settori caratterizzati da un andamento delle attività per ciclo stagionale - tipicamente, il turismo - o per picchi di attività, tipicamente la distribuzione commerciale, ma non solo. Per quel che riguarda le piccole imprese, esse riceveranno ovviamente un minor beneficio in ragione del limitatissimo numero di addetti per ciascuna unità d’impresa. Basti pensare che, secondo i più recenti dati ISTAT, le imprese sotto i cinque addetti sono ben 3,8 milioni su un totale di 4,3 milioni. “Meglio sarebbe stato, come abbiamo invece proposto a livello confederale - ribadisce il presidente della Confcommercio di Vicenza - costruire un’ampia “no-IRAP area” attraverso il raddoppio dell’attuale franchigia, così da escludere da tale imposta circa tre milioni di soggetti e dare reali vantaggi alle Pmi, non solo alle grandi imprese come avviene ora”.
La morsa degli studi di settore
Ma invece di alleggerire la pressione fiscale sulle piccole e medie imprese il Governo ha pensato bene di stringere la morsa degli studi di settore. “Su questo punto noi ribadiamo con determinazione il nostro interesse ad un progressivo affinamento degli studi di settore, ad una loro sempre maggiore selettività. Alla loro capacità, cioè, di cogliere puntualmente le differenziazioni tra imprese sia sul versante dei ricavi, che su quello dei costi, nonché di registrare tempestivamente le variazioni dell’andamento congiunturale dei mercati e le differenziazioni territoriali. Con la stessa determinazione - sottolinea Rebecca - riteniamo profondamente errata ogni ipotesi di revisione degli studi sviluppata in riferimento a dati di contabilità nazionale che, per le loro caratteristiche di stima sintetica, non sono oggettivamente applicabili alla metodologia degli studi e che falserebbero, nel medio periodo, la loro rappresentatività rispetto alla realtà economica cui si riferiscono, facendola piuttosto virare in direzione di “automatismi”, che minerebbero il diritto-dovere di ogni contribuente ad essere tassato sulla base del suo reddito reale. Del tutto inaccettabile risulta, poi, la previsione di “indicatori di normalità economica”, definiti in autonomia dall’amministrazione finanziaria e destinati ad essere retroattivamente applicati sugli studi già vigenti per il 2006”.
Il tutto si accompagna ad una filosofia generale di forte inasprimento di controlli e sanzioni, con un vero e proprio “picco sanzionatorio” nella norma che prevede la sospensione della licenza o dell’autorizzazione (da 15 giorni a 2 mesi) a fronte di una sola violazione accertata dell’obbligo di emettere la ricevuta o lo scontrino fiscale. “Controlli e sanzioni certamente servono è il commento di Rebecca -. Ma è un terreno rispetto al quale è a tutti utile procedere con ragionevolezza e con senso della misura. Ancora una volta è necessario pensare seriamente che il modo per far pagare le imposte alle imprese, e ai contribuenti in generale, non è quello di mettere i “guardiani” alle porte bensì determinare correttamente la capacità contributiva di ognuno”.
E a proposito di imposte che gravano sulle imprese, anche le nuove aliquote Irpef vanno ad incidere profondamente sulle persone fisiche titolari di reddito d’impresa. Il risultato, secondo le stime di Confcommercio, è che, nella fascia tra i 35mila ed i 65mila euro, l’aliquota marginale complessiva di prelievo (IRPEF, IRAP, addizionali, contributi previdenziali) sfiora il 58%.
La conclusione una questo punto è una sola: cambiare subito questa Finanziaria. Ed è questo lo scopo della lettera spedita dal presidente Rebecca ai parlamentari vicentini, che si somma alle iniziative nazionali messe in campo dalla Confederazione.
“Ci troviamo a dover fare i conti con una Finanziaria che presenta non pochi aspetti irricevibili. E’ necessario, dunque, cambiare profondamente questa legge Finanziaria. - è l’appello lanciato alle forze politiche da Sergio Rebecca - A questo scopo, ci auguriamo davvero che, in Parlamento, ampi settori della maggioranza e dell’opposizione possano convergere per apportare modifiche sostanziali alla manovra, puntando a ripensare efficacemente al risanamento e al rilancio del nostro Paese”.
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