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mercoledì 29 marzo 2006

MEDIE STRUTTURE DI VENDITA, LA PROGRAMMAZIONE DEI COMUNI PUNTA ALL’EQUILIBRIO CON IL SERVIZIO DI PROSSIMITA’

L’Ister, Istituto per il terziario della Confcommercio di Vicenza, sta affiancando molti comuni della provincia nella definizione dei criteri di programmazione per l’insediamento di medie strutture di vendita, in base alla legge regionale 15/2004. “Quasi la metà dei piani realizzati nel Vicentino, approvati o in itinere, sono stati realizzati grazie alla consulenza fornita da Ister alle Amministrazioni comunali – afferma Sergio Rebecca, presidente dell’istituto da anni impegnato nella consulenza alla pubblica amministrazione nella redazione di progetti di marketing urbano e in materia di programmazione commerciale –. In occasione dei vari momenti di confronto – spiega Rebecca - i nostri esperti hanno proposto ai comuni l’opportunità di programmare la rete distributiva locale in forma comprensoriale, tenendo presente il bacino di utenza e la realtà delle strutture commerciali esistenti nel territorio, in particolare le potenzialità di servizio delle grandi strutture”. Ed è stata questa la filosofia che ha ispirato tutti i piani messi a punto dall’Ister, che ha lavorato fianco a fianco di molti amministratori dell’Area Berica, dell’Altopiano di Asiago, dell’Alto Vicentino, delle valli del Chiampo e dell’Agno, della Pedemontana.
“Tracciando un primo bilancio dei piani commerciali finora realizzati – spiega il consigliere delegato dell’Ister Fiorenzo Marcato, che ha seguito gli aspetti tecnici della definizione dei criteri – possiamo dire che molte Amministrazioni hanno dimostrato sensibilità per il mantenimento di una presenza diffusa e qualificata del servizio di prossimità, per l’equilibrio delle diverse forme distributive e la tutela delle piccole e medie imprese commerciali. In questo caso i piani hanno limitato le disponibilità per il settore alimentare nelle zone di sviluppo urbanistico e quindi demografico, rispondendo così alle esigenze dei consumatori della zona interessata.


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Alcuni comuni non hanno addirittura previsto alcuna possibilità di insediamento di medie strutture, per mantenere la vitalità del servizio di vicinato e dei negozi dei centri storici. La maggior parte delle amministrazioni – continua Marcato - hanno ritenuto invece di non affossare le esigenze degli operatori del settore non alimentare a grande fabbisogno di superficie, quali ad esempio le rivendite di autoveicoli, materiali edili, nautica, mobili, legnami, motoveicoli”.
Tutto bene quindi? Non esattamente. Secondo gli esperti dell’Ister è infatti anche auspicabile l’emanazione di disposizioni regionali tali da chiarire il concetto di equilibrio fra le varie tipologie di esercizio, anche nella considerazione che sul territorio veneto esistono spacci aziendali, in particolare nel settore tessile-abbigliamento, davvero consistenti e paragonabili a medie strutture; ma anche mercati settimanali che, per la loro tipologia, sono dei veri e propri centri commerciali. “Si tratta – dice Fiorenzo Marcato - di tipologie di attività che purtroppo non sono considerate quando vengono messe a confronto le diverse strutture esistenti e che invece influiscono non poco sugli equilibri commerciali di un territorio”.
Altra nota dolente riguarda il ritardo con cui molte amministrazioni stanno approvando i criteri di programmazione per l’insediamento di attività commerciali di medie strutture di vendita. Le varie proroghe non sono infatti bastate, a molti comuni del Vicentino, per mettersi in regola con quanto previsto dalla legge regionale 15/2004. “In provincia – conferma il presidente dell’Ister Sergio Rebecca - solo 36 comuni su 121 hanno approvato la nuova regolamentazione nei tempi previsti, cioè entro la fine di febbraio. Molti stanno provvedendo a fare le dovute consultazioni, parecchi, almeno una trentina, non hanno ancora predisposto alcuna bozza. Il rischio, in quest’ultimo caso, è che alla fine intervenga, dall’alto, un provvedimento regionale”. Il ritardo, ci si chiede, è tutta colpa delle amministrazioni comunali? Secondo Rebecca non è esattamente così: “Probabilmente la legge regionale 15 non è stata, in alcuni casi, ben compresa, ma è anche vero che i decreti di attuazione hanno lasciato perplesse molte amministrazioni per le difficoltà interpretative e di coordinamento delle norme urbanistiche con quelle commerciali”.

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