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giovedì 12 gennaio 2006

Medicine vendute al supermercato? Federfarma: il farmaco non è un bene di consumo

Farmaci al supermarket alla stregua di scatole, scatolette e detersivi? Alberto Fontanesi, presidente provinciale di Federfarma, l’organizzazione che associa tutte le 214 farmacie del territorio vicentino, interviene sull’argomento del giorno dando una risposta secca alla questione: “Un’ipotesi assurda quanto dannosa per la salute dei cittadini – dice Fontanesi – poiché i farmaci non sono caramelle. E’ assurdo trattare i medicinali senza obbligo di ricetta come altri normali prodotti da supermercato, vedendoli solo sotto il profilo commerciale, senza guardare gli effetti, che così facendo, si produrrebbero sulla salute pubblica. L’Italia, proprio perché ha un sistema di distribuzione dei medicinali che avviene tramite le farmacie, un sistema che funziona ed è capillarmente al servizio del cittadino, ha la più bassa percentuale di malattie legate all’abuso o all’errato consumo di farmaci. Allora in base a quale obiettivi si vuole indurre i cittadini al consumo di farmaci e scardinare un sistema che funziona? Le risposte a tali questioni sono di fondamentale importanza e gli esiti vanno attentamente valutati se si pone tra le priorità la tutela della salute pubblica”.
“Non è affatto vero – continua Fontanesi – che vendere medicinali al supermercato o in farmacia sia la stessa cosa e non comporti alcun problema. Il ruolo che il cliente stesso ci riconosce, l’esperienza e la professionalità, fanno sì che il più delle volte alla vendita si accompagni un consiglio o una raccomandazione sull’utilizzo del farmaco. Otto volte su dieci, il farmacista ha, infatti, a che fare con un cliente abituale, del quale conosce i problemi di salute e i medicinali abituali che il medico gli ha prescritto. Pertanto, conosce anche le possibili interazioni derivanti dall’utilizzo associato di altri farmaci da banco, come antidolorifici, antinfiammatori o la semplice aspirina, che il cliente può richiedere. Cosa, invece, che il “farmacista del supermercato”, con molta probabilità, non sarebbe in grado di fare soprattutto per mancanza di un rapporto continuativo con il cliente e, proprio per questo, del quadro complessivo della sua salute. Le attuali farmacie - continua il presidente di Federfarma Vicenza - sono localizzate sul territorio in modo da garantire al cittadino un efficiente servizio di prossimità, valido 24 ore su 24, 7 giorni su 7, a costo zero per la collettività. La grande distribuzione sarebbe in grado di fare altrettanto, una volta scardinato e messo a dura prova l’attuale sistema basato sulle farmacie? Teniamo poi presente che Paesi esteri, come ad esempio l’Olanda, hanno una farmacia ogni diecimila abitanti e proprio per questo, per evitare al cittadino di percorrere kilometri, hanno permesso la vendita di alcuni farmaci al supermercato; da noi ce n’è una ogni tremilatrecento. Altro punto fondamentale è che la quantità di farmaci che non necessitano di ricetta da noi sfiora le 1.500 specialità, mentre all’estero è molto più limitata. Assume quindi un rischio per la salute pubblica non certo trascurabile, qualsiasi ipotesi di libera vendita senza prima aver rivisto la classificazione dei farmaci: se sono tali è giusto che continuino a venderli le farmacie, se non lo sono, non c’è nulla che ostacoli la vendita al supermercato”.
Sta di fatto che in questi giorni viene proposta ai cittadini una raccolta firme per sollecitare una legge di liberalizzazione dei farmaci senza obbligo di prescrizione per risolvere, a detta dei promotori di questa iniziativa, il problema dell’elevato prezzo di questi medicinali.
“Noi farmacisti – sottolinea Fontanesi - condividiamo in pieno l’obiettivo di far spendere meno ai cittadini che devono acquistare medicinali non mutuabili. Siamo noi i primi a dire che i prezzi di molti medicinali a carico dei cittadini, prezzi liberamente stabiliti dalle aziende produttrici, sono troppo alti, sono aumentati in modo ingiustificato negli ultimi anni e che, nella maggior parte dei casi sono molto superiori di quelli praticati negli altri Paesi europei. Ma la vera soluzione al problema non sta nella liberalizzazione alla vendita né nello sconto sul prezzo imposto, cosa che tra l’altro sta avvenendo in tutte le farmacie dopo l’entrata in vigore di quanto disposto dal Ministro della salute. A tal proposito, è il caso di ribadire che la riduzione dei prezzi è stata avviata esclusivamente a carico delle farmacie, che rinunciano così a una parte della loro legittima remunerazione, senza apportare alcuna modifica al quotidiano servizio alla clientela. Ma la riduzione dei prezzi fino al 20 per cento che i farmacisti possono fare sui tali medicinali - non possibile prima dell’entrata in vigore del decreto poiché altrimenti il farmacista sarebbe stato multato per incentivo al consumo di farmaci - non incide in alcun modo sul meccanismo della formazione dei prezzi. I prezzi continueranno a restare troppo alti finché, i produttori potranno decidere aumenti di qualsiasi entità. Ed allora, nonostante l’impegno dei farmacisti, sarà ancora più chiaro quanto lo sconto sia solo uno specchietto per le allodole”.
“Per questo la soluzione deve essere strutturale – continua Fontanesi – e cioè quello che necessita di essere cambiato è l’attuale sistema di formazione dei prezzi dei farmaci da banco. Diciamoci la verità: purtroppo è da tempo che il Ministero della Salute, in cambio di prezzi di favore per i farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale, lascia carta bianca alle case farmaceutiche sui medicinali da banco, con il risultato che i farmaci senza prescrizione sono per la maggior parte più cari che nel resto d’Europa e quelli mutuabili hanno invece prezzi i più bassi rispetto alla media europea”.
In attesa che il Governo decida una revisione globale della formazione di prezzi dei farmaci, per andare incontro alle esigenze del cittadino di spendere meno per i medicinali, i farmacisti si sono impegnati a promuovere un migliore approccio all’acquisto di farmaci. “Oltre alla riduzione dei prezzi che pratichiamo sui medicinali da banco – conclude Fontanesi – crediamo che lo strumento più adeguato per combattere il caro prezzi sia quello di proporre al cliente la sostituzione, ogni volta possibile, del farmaco più caro con uno equivalente di costo inferiore. Tale comportamento, alla lunga costringerà le case farmaceutiche a riportare i prezzi su livelli più accettabili per non perdere quote di mercato”.


Il Presidente Federfarma Vicenza
Dr. Alberto Fontanesi



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