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martedì 04 ottobre 2005

Ma che pane è? La Confcommercio ricorre contro i panificatori “della domenica”

C’è pane e pane, quello fresco, croccante che profuma di buono e proviene da un ciclo di panificazione che dura circa 15 ore, e quello precotto, congelato e, al momento, infilato in forno per pochissimi minuti, tanto quanto basta per consentirgli la “doratura” tipica del pane “vero”, prima di metterlo in vendita.
Ovviamente sempre di pane si tratta, ma di due prodotti diversi, con caratteristiche dissimili che non riguardano solo il palato ma l’attività di vendita.
Di recente, infatti, a Vicenza, in pieno centro storico, sono sorti due punti vendita di pane e prodotti da forno, che esercitano attività di doratura e vendita di pane, anche la domenica, giorno in cui tutti i negozi rimangono chiusi per effetto dell’obbligo stabilito per le attività commerciali dal decreto legislativo 114/98 (c.d. decreto Bersani). Tale situazione di diversità di comportamento tra panifici, panetterie o panizzerie, (come si usa chiamare quelle di “ultima generazione”) comporta un ingiusto vantaggio competitivo a favore dei due nuovi punti vendita, che attualmente rimangono aperti la domenica, penalizzando di fatto quelli già presenti in centro storico. Non solo, la situazione che si è venuta a creare mina un punto fermo negli intendimenti dell’Associazione provinciale panificatori della Confcommercio di Vicenza, ossia quello della chiusura nei giorni di festa dei panifici, che ha per obiettivo quello di preservare il diritto al riposo domenicale degli addetti del settore.
“La chiusura festiva – precisa Antonio Cristofani, presidente dell’associazione provinciale panificatori della Confcommercio di Vicenza - oltre che un principio di natura sindacale, è anche, e soprattutto, un obbligo di legge previsto sia per le attività commerciali , così come stabilito dal decreto Bersani, sia per le imprese che esercitano la panificazione (legge 265/99).
Un sistema di vendita impostato sul riscaldamento di pane precotto e surgelato, ammesso anche che non necessiti di licenza di panificazione, peraltro mai concessa alla ditta titolare dei due punti vendita in questione, non ha alcun elemento per sfuggire alla disciplina del commercio e, quindi, deve sottostare al relativo regime degli orari. Appare infatti da escludere, quanto meno di principio, che un’attività così impostata possa essere esercitata senza licenza di panificazione ed essere riconosciuta artigiana”.
Per questi motivi, Confcommercio Vicenza ha avviato da tempo un procedimento legale finalizzato alla corretta applicazione della normativa sul commercio, un percorso fatto di impugnazioni e ricorsi che giunge ora sul tavolo del giudice del Tribunale di Venezia.
Confcommercio sostiene, infatti, che la ditta titolare dei due punti vendita non abbia i requisiti previsti dalla legge quadro per l’artigianato per essere qualificata come attività artigianale, cioè, l’avere quale “scopo prevalente lo svolgimento di un’attività di produzione di beni”, e, inoltre sia priva dei caratteri propri dell’imprenditore artigiano, ovvero di “colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l’impresa artigiana, … svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo”.
“Il vero pane – spiega Antonio Cristofani – ha un ciclo di produzione, in un panificio di medie dimensioni, di circa 15 ore. Più precisamente, la prima operazione della durata di almeno mezz’ora consiste nella lavorazione dell’impasto base, la cosiddetta “madre”, poi l’impasto viene lasciato a lievitare per 12-14 ore, trascorse le quali si aggiungono gli ingredienti e si impasta nuovamente prima di procedere alle varie forme. Questa operazione dura circa mezz’ora e alla fine il pane si mette a lievitare per un’ora e poi si inforna. La cottura può durare da pochi minuti, come per il pane al latte, fino a circa un’ora, come per il pane pugliese. Nonostante che ai giorni nostri in aiuto del panettiere intervengano, per alcune fasi della lavorazione, le macchine – precisa Cristofani -, per produrre un pane naturale, fatto seguendo le regole che si tramandano da generazioni, il tempo necessario rimane quello. Se si vuole davvero sfornare pane, non si può prescindere dal ciclo naturale di lavorazione, altrimenti si fa un altro prodotto”.
“Se ci si limita ad acquistare da terzi il pane già precotto – sostiene il direttore della Confcommercio di Vicenza, Andrea Gallo – limitandosi a scongelarlo e a metterlo nel forno per la “doratura”, significa che l’ultimazione della cottura avviene fuori dal ciclo di panificazione, in un punto vendita che ha prettamente caratteristica commerciale. Nel caso in questione, l’assenza di qualsiasi tipo di produzione del pane è comprovata dall’assenza, da parte della ditta titolare, dell’autorizzazione che tutti i panificatori devono avere per poter panificare.
Questo aspetto già da solo comprova l’assenza di qualsiasi attività produttiva nell’azienda in questione. Non solo – aggiunge Gallo – la legge sulla disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari, precisa la nozione di pane come “ prodotto ottenuto da una cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata” e si occupa dell’attività di doratura, la stessa che svolgono le due panetterie in questione, al solo fine di evidenziane la modalità di commercializzazione, quindi come attività accessoria alla vendita”.
“Alla luce della normativa in materia e di quella specifica per la lavorazione del pane – precisa Gallo – abbiamo deciso di continuare la nostra azione legale, rivolgendoci al Tribunale di Venezia per tutelare le imprese di panificazione associate, affinché si verifichino e si rimuovano le cause che penalizzano i “veri” panificatori. A tal fine chiediamo l’accertamento della corretta applicazione della normativa in materia di iscrizione delle imprese agli albi di categoria, in quanto tale condizione comporta alcune deroghe agli obblighi fissati per le attività commerciali, in particolare, per gli aspetti riguardanti gli orari di apertura e il regime contributivo e previdenziale delle imprese. Se, come crediamo, i requisiti necessari non sussistono, il vantaggio competitivo di cui godono le panetterie coinvolte nel ricorso non può continuare ad essere tale, per non sfalsare le regole del mercato e della concorrenza”.
Ora la parola passa al giudice del Tribunale di Venezia, dove il ricorso della Confcommercio è già stato depositato. Non si sa ancora quando l’udienza avrà luogo ma è certo che l’esito non mancherà di suscitare reazioni, soprattutto se confermerà la convinzione che c’è pane e pane.

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