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Confcommercio Veneto Notizie

BOOM DI IMPRESE NEL COMMERCIO AMBULANTE

Nr. 22 del 06/11/2004

Le difficoltà nei consumi danno una spinta ai mercati ambulanti: sono 150.000 in Italia le imprese del commercio ambulante e 340.000 gli addetti con un aumento di oltre quattro punti percentuali rispetto al 2003. E sono circa 24 milioni le persone che, almeno una volta alla settimana, frequentano i mercati ambulanti. Quest’ultimo dato, pressoché uniforme sul territorio nazionale, emerge dall’indagine che Fiva Confcommercio - che nei giorni scorsi ha celebrato il suo congresso nazionale al Lido di Venezia - ha realizzato fra gennaio ed aprile sui mercati quotidiani e settimanali delle città capoluogo di provincia e dei centri minori. Sulla quota complessiva dei consumi i mercati ambulanti «pesano» fra il 14 e il 16 per cento. I consumatori italiani acquistano complessivamente ogni settimana, sul sistema dei mercati su aree pubbliche, merci e prodotti da un minimo di 512 milioni di euro fino a 587 milioni di euro: all’anno da 26,6 a 29,5 miliardi di euro (con punte massime intorno ai 31 miliardi di euro). Un settore in crescita, dunque, quello del commercio ambulante, che però deve affrontare alcune problematiche cruciali per lo sviluppo del settore, alcune irrisolte da anni, come l’abusivismo, altre materializzatesi di recente, come la forte concorrenza cinese.

Il costo dell’abusivismo?
Ogni anno una Finanziaria
Dall’indagine Fiva Confcommercio emerge infatti un dato da non sottovalutare: per la prima volta il consumatore annota come fattore negativo nei mercati la presenza degli abusivi. Ed è dura, nel merito, la presa di posizione di Giacomo Errico, presidente nazionale di Fiva Confcommercio: «La questione dell’abusivismo commerciale si è trasformata in problema di ordine pubblico all’interno dei mercati, sulle piazze e sulle spiagge - afferma - ed in gioco non è solo la vita dell’impresa, ma la credibilità stessa delle istituzioni. Non possiamo continuare ad affidarci alla buona volontà degli assessori o dei comandanti locali della polizia municipale o delle forze dell’ordine». «Quello che manca - sostiene Errico - è un segnale forte da parte del Governo che deve, e al più presto, porre in agenda le cose concrete da fare su questo tema a livello di interventi operativi. L’auspicio è che dalle categorie arrivi una spinta decisiva in tale direzione, a partire da un comitato permanente e intersettoriale di monitoraggio. E’ questo l’appello-proposta che lanciamo anche alle categorie dell’industria, dell’artigianato e agli altri settori del commercio. L’abusivismo non è solo un problema nostro».
L’indagine 2004 sull’abusivismo, condotta da Fiva Confcommercio, ha infatti messo in luce cifre allarmanti. E’ emerso un vero e proprio «esercito» di abusivi: dai 180 ai 240 mila. Persone che vendono di tutto, come e dove pare a loro, senza nessun limite, nessuna garanzia e nessun impedimento. Elaborando i dati della consi- stenza degli abusivi per cifre assolutamente mo- de- ste e tenendo conto delle quote di carattere stagionale, si arriva ad un giro d’affari che va da 6,6 miliardi di euro a un massimo di 9,1 mi- liar- di di euro. Il calcolo del danno per l’erario si aggira, in termini di imposta di valore aggiunto, sui 2-3 miliardi di euro evasi, e in termini di imposte sul reddito dai 2,7 ai 3,8 miliardi di euro evasi. Più o meno le cifre di una finanziaria all’anno. Se poi calcoliamo il mancato introito per tassa o canone di occupazione del suolo pubblico, arriviamo da un minimo di 90 ad un massimo di 203 milioni di euro di tasse locali evase. Per le finanze camerali, invece il danno oscilla dai 13 ai 32 milioni di euro all’an- no. E non parliamo di Inps o altro. «Possibile, al- lo- ra - conclude Errico - che nemmeno il danno economico arrecato dall’abusivismo interessi a nessuno?».

Lo strapotere della Cina
A questa problematica, che accomuna tutto il territorio nazionale, Ilario Satin, presidente della Fiva del Veneto aggiunge un altro «punto dolente» : lo strapotere dei venditori cinesi che, con alte percentuali di presenza fissa all’interno dei mercati, rischiano di snaturare l’essenza tradizionale di questa forma di commercio, strettamente legata al territorio, ai suoi prodotti tipici e alle sue peculiarità. Su scala regionale il dato più evidente è proprio la presenza dei commercianti provenienti dalla Cina, stimata in una misura del 40%. «Da evidenziare che, oltre a questa cospicua presenza, ben l’80% della merce venduta nei nostri mercati è di provenienza cinese - dichiara il presidente della Fiva del Veneto, che già aveva reso noto il problema diverso tempo fa - Gli imprenditori orientali hanno iniziato in sordina ad acquistare i posteggi già alla fine degli anni Novanta, e ora detengono il 40% dei posti fissi all’aperto (rispetto al 30% dell’anno scorso). Non solo: in un periodo di crisi come questo, dove si registrano cali delle vendite nei settori dell’abbigliamento (-30%) e delle calzature (-40%) rispetto al 2003, i commercianti si approvvigionano dai grossisti cinesi in una misura dell’80% per far fronte alle mutate esigenze di una clientela in crisi economica, quindi più attenta al prezzo che al rapporto di questo con la qualità del prodotto. Non c’è dubbio sul fatto che gli extracomunitari cinesi stiano un po’ alla volta entrando in possesso di tutta la filiera, dalla produzione all’ingrosso, fino alla vendita, erodendo ampie quote dei mercati italiani».
Alla luce di tutto ciò, la Fiva-Confcommercio del Veneto invoca stretti controlli, da parte degli organi preposti, sulla provenienza delle merci e sui passaggi che precedono la commercializzazione, per tutelare chi lavora nel rispetto delle regole e scongiurare la fine dei mercati tradizionali.

L’identikit del comparto
Tornando alla ricerca della Fiva-Confcommercio presentata al Lido di Venezia, l’indagine è servita per tracciare un vero e proprio identikit del settore. Nei capoluoghi di provincia in Italia si svolgono quotidianamente quasi 1.000 mercati giornalieri per un totale di circa 85.000 posteggi, a cui si aggiungono più di 41.000 posteggi di fiere. Interessante anche la quota dei mercati a cadenza settimanale, quindicinale e mensile: in tutto 9.000, per altri 180.000 posteggi. Focalizzando l’attenzione al Veneto, nella nostra regione i mercati che si svolgono ogni settimana sono oltre 500, a testimonianza di una presenza capillare su tutto il territorio. La parte del leone la fa la provincia di Padova, con 103 mercati (se si conteggiano anche quelli che si svolgono nelle diverse piazze del capoluogo); segue la provincia Verona, con un totale di 91 mercati, sempre dal lunedì alla domenica; a ruota troviamo la provincia di Vicenza con un totale di 85 mercati, seguita da quella di Treviso con 73; la provincia di Venezia ne conta 64, mentre quelle di Belluno e Rovigo, rispettivamente, 52 e 46.
La ricerca della Fiva evidenzia che il 22,5% delle imprese opera prevalentemente nei mercati fissi di tutta Italia, il 53,6% nei mercati a cadenza periodica (soprattutto settimanali), il 10,8% effettua l’attività in forma itinerante, il 7,4% opera principalmente nelle fiere e nelle sagre, il 5,6% attiva chioschi fissi, posteggi isolati o ruota all’interno della città su piazzole appositamente destinate e secondo turni prefissati dal Comune.
Come si diceva, le imprese dell’ambulantato sono notevolmente cresciute nel 2004. Forte, in particolare, l’incremento dei banchi specializzati in abbigliamento e vestiario, soprattutto nel segmento delle imprese itineranti. Raddoppiano abbigliamento, biancheria, maglieria, intimo. Le imprese di questo settore passano dalle 39.436 del 1999 alle 59.446 del 2004 con un saldo positivo di 20.010 unità, corrispondente ad una variazione di 50,7 punti percentuali. La loro incidenza sul totale delle imprese dell’intero comparto sale dal 32,5 % del 1999 al 39,6 % del 2004. Il 96 % del comparto è costituito da microimprese individuali a conduzione familiare. Un’impresa ambulante su 5 è a conduzione extracomunitaria. Per tipologia di esercizio le imprese extracomunitarie si concentrano soprattutto nel commercio itinerante (18.126 imprese pari al 48,89 % del totale). Per merceologia la presenza delle imprese extracomunitarie è fortissima nel settore dell’abbigliamento, del vestiario e delle merci varie: nel settore del non alimentare e nella tipologia itinerante queste imprese rappresentano più del 60 % del totale delle imprese.

I clienti: casalinghe, ma anche manager
Qual è il profilo tipo del consumatore che frequenta i mercati? Secondo l’indagine Fiva Confcommercio il consumatore tipo è donna (80%), di età compresa fra i 31 e i 55 anni, casalinga ma anche impiegata, con un carico familiare complessivo di 3/4 persone, che frequenta il merca- to costantemente (almeno una volta a settimana e, nelle grandi città, una volta ogni 3/4 giorni). La componente maschile, anche se in regres- so rispetto agli anni scorsi, è ben presente e non mancano gli under 30 (quasi il 28% dei fre- quen- - tatori) o i giovanissimi, soprattutto studen- ti o studentesse (circa l’8%). Né disdegnano di frequentare i mercati dirigenti e professionisti (il 2,5%). L’universo sociale del Paese è quindi ben rappresentato da chi si incontra al merca- to: non mancano operai (il 12%), lavoratori auto- no- - mi (il 6%), persone in attesa di occupazione (oltre l’11%) e molti pensionati (quasi il 21%).
I motivi più forti di richiamo della clientela sono certamente la convenienza dei prezzi (47,4%) ma soprattutto l’assortimento dell’offerta (il 50,3%). Il 51,3% giudica il mercato ambulante più conveniente ed economico in senso assoluto rispetto ad altre forme distributive; il 16,3% ritiene il mercato ambulante il canale di acquisto più vantaggioso per alcuni articoli (ortofrutta e l’abbigliamento); il 21,2% lo giudica «poco» conveniente; l’11,2% pensa che gli acquisti migliori si facciano presso altre forme distributive (in particolare all’ipermercato e al centro commerciale). E che cosa si acquista nei mercati? Anche questo aspetto è stata indagato dalla Fiva-Confcommercio.
Nelle grandi città e nei mercati fissi l’acquisto di alimentari è prevalente rispetto al non food, mentre nei mercati periodici e nei centri minori gli acquisti, salvo che per l’ortofrutta e per i salumi e formaggi, si caratterizzano soprattutto per il settore non alimentare, analogamente al Nord e al Sud del Paese. Il 15,4% dichiara di spendere, a settimana, una cifra inferiore a 10 euro; il 31,3% dichiara di spendere una cifra oscillante fra i 10 e i 20 euro; il 33,5% dichiara di lasciare sui banchi, a settimana, da 21 a 40 euro; il 15,6% dichiara infine di acquistare ogni settimana più di 40 euro di merci.
Diego Trevisan

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