PRIORITA’ E INCENTIVI PER RILANCIARE L’ECONOMIA
Nr. 07 del 08/04/2003
Le ricette della Confcommercio per uscire dalla stretta congiunturale
Da Cernobbio la Confcommercio lancia nuovamente l’allarme sul rischio recessione, invita il governo ad intervenire, torna a chiedere «risposte» all’esecutivo Berlusconi e presenta al governo le «ricette» per superare la crisi.
«I protagonisti del mercato e gli scenari per gli anni 2000», questo il titolo delle quinta edizione del Forum organizzato dalla Confederazione, con la collaborazione di Ambrosetti, che ha toccato una serie di questioni di primaria importanza fra cui, appunto, il ciclo economico internazionale e le prospettive dell’economia italiana, la liberalizzazione e la concorrenza, le politiche per l’occupazione, i consumi, il made in Italy e l’internazionalizzazione.
L’economia, dunque, e una stasi che continua. «Per spezzare l’impasse in cui ci troviamo - ha detto il presidente della Confcommercio Sergio Billè - abbiamo bisogno più di chiunque altro in Europa di una terapia e le priorità sono cinque a cominciare dal rilancio dei consumi». Subito dopo Billè ha chiesto «una congrua defiscalizzazione dei prodotti da petrolio» nel caso dovessero subire forti rincari; misure ed incentivi per sviluppare l’occupazione in quella area di imprese che comprendono i servizi e il terziario di mercato, che, come il turismo, «hanno mostrato una buona tenuta ma che ora rischiano un’involuzione assai pesante»; un’accelerazione nella realizzazione delle grandi infrastrutture; un chiarimento sul reale percorso della riforma federalista e sulla compatibilità tra questa voce di spesa calcolata, a regime, in circa 60 miliardi di euro, con tutte le altre esigenze del bilancio dello Stato.
Ma sul futuro prossimo dell’economia pesa, ovviamente, l’eco del conflitto in Iraq, e per questo il meeting di Cernobbio è stato un’opportunità per tentare di rifare i «conti in tasca» al nostro sistema economico, e l’analisi che ne è venuta fuori è più che eloquente. Secondo il Centro Studi della Confcommercio è infatti improbabile che la ripresa economica possa esserci già nel 2003; anzi, sarà già un grande risultato se il Pil aumenterà dello 0,7%, e cioè l’1,6% in meno di quanto previsto per quest’anno dal Dpef. E questo solo nel caso in cui la guerra durasse non più di dieci settimane, perché se il conflitto si protraesse per più di venti settimane, la crescita sarebbe solo dello 0,2% per scendere addirittura al -0,6% qualora si andasse oltre i sei mesi. «Per questo - ha sottolineato Billè chiamando in causa il governo - occorre aggiustare il tiro con decisioni urgenti che riguardino tutti i punti chiave dell’assetto economico, tanto più che la strada si preannuncia ancora più in salita, dato che i problemi congiunturali si sommano a vistosi e, in gran parte non risolti, problemi di ordine strutturale. Sul nostro Paese - ha aggiunto - gravano sia il peso di una politica energetica in cui la dipendenza dal petrolio continua ad essere a dir poco soffocante, sia gli effetti incerti della pur apprezzabile riforma fiscale e sia la caduta dei consumi. Tanto che ci si chiede se non sarebbe stato più opportuno varare, al posto, ad esempio, della Tremonti-bis, misure che consentissero di frenare prima di tutto l’erosione del potere di acquisto delle famiglie attenuando quindi la loro crisi di fiducia sull’andamento dell’economia».
Poi, Billè si è soffermato sul tema delle pensioni: «E’ un problema - ha detto- che va affrontato e risolto ma senza minare la coesione sociale. Scendendo in piazza - ha proseguito - non andiamo da nessuna parte come dimostra ciò che è avvenuto l’anno scorso e in questi giorni con oltre 32 milioni di ore di sciopero per l’articolo 18 che potevano essere evitate». E a proposito di articolo 18 e referendum, ha osservato che se dovesse passare il sì sarebbe davvero una beffa. «perché si toglierebbe a quella parte del sistema imprenditoriale che ha saputo maggiormente creare ricchezza ed occupazione l’unica arma di cui ancora dispone per poter restare sul mercato e controbattere la concorrenza». E qui il presidente della Confcommercio si è scagliato con decisione contro la proroga degli ecoincentivi da lui ritenuti una di quelle misure anticicliche che hanno esaurito la loro efficacia: «Non è in questo modo che si fronteggia la caduta di una domanda che è assai più generalizzata e rischia di accentuarsi nei prossimi mesi a causa degli avvenimenti bellici. La voce auto - ha precisato - incide per una quota del 34,2% sui consumi di beni durevoli e del 3,7% sull’ammontare della spesa delle famiglie: circa 74 miliardi di euro tra acquisto di auto e spese di esercizio, a fronte di una spesa totale che supera i 738 miliardi di euro. Siamo, quindi, di fronte - questo il suo pensiero -a un tipo di acquisto che, per la sua entità, assorbe quote di risparmio considerevoli che vengono sottratte ad altri investimenti o ad altri consumi».
Per Billè sarebbe, invece, indispensabile «allargare il raggio di azione a quegli altri settori sempre di beni durevoli, che oggi, a causa della crisi, soffrono di una forte caduta della domanda», con l’obiettivo di «trasformare in consumi ma anche in investimenti quel volume crescente di liquidità che oggi è detenuta dalle famiglie ma anche dalle banche e che non trova collocazione per il negativo andamento della Borsa e per la mancanza di favorevoli condizioni di investimento». Da qui la proposta della Confcommercio al Governo di «adottare misure che potrebbero essere varate in poco tempo e che sicuramente produrrebbero sicuri vantaggi al mercato»: da una parte, l’emissione di obbligazioni ad un tasso superiore a quello di mercato in modo da convogliare i risparmi, ad esempio, sugli investimenti necessari per la realizzazione di grandi infrastrutture; e, dall’altra, iniziative sul credito che consentano alle famiglie di acquistare prodotti con dilazioni di pagamento più vantaggiose.
Di diverso tono le risposte dei ministri e dei parlamentari intervenuti al Forum di Cernobbio. Se il ministro del Welfare, Roberto Maroni, si è mostrato piuttosto disponibile ammettendo che c’è «la necessità di intervenire con interventi commisurati alle necessità e all’evoluzione della situazione», molto più prudente è stata la reazione del responsabile dei rapporti con le Regioni e gli enti locali, Enrico La Loggia, secondo il quale rivedere le stime sul Pil o decidere un calo della tassazione sui prodotti petroliferi sarebbe ancora prematuro. Più o meno sulla stessa linea il ministro per le Attività produttive, Antonio Marzano, che pur favorevole a una detassazione dei prodotti petroliferi ha dichiarato che «i consumi si sostengono soprattutto creando posti di lavoro» e non con misure prese sull’onda dell’emotività».
Positivo, invece, il commento del ministro per le Politiche agricole, Giovanni Alemanno sulla proposta di emettere obbligazioni per sbloccare la liquidità ferma a favore degli investimenti: «E’ un tentativo utile di coinvolgere risorse private per rilanciare lo sviluppo».
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