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mercoledì 29 agosto 2001

I COMUNI AD ECONOMIA TURISTICA E LE CITTA' D'ARTE VICENTINE

Sono Vicenza, Bassano del Grappa e Schio le tre città d’arte vicentine. Lo ha stabilito la Giunta provinciale, con una delibera adottata lo scorso 9 agosto. Nove, invece, i comuni ad economia turistica: dall’Altopiano, con Asiago, Gallio, Enego, Roana, Rotzo, Conco e Lusiana, alla Valle dell’Agno-Chiampo, con Recoaro Terme, fino a Tonezza del Cimone.
La scelta operata dalla Giunta provinciale, per quanto riguarda Schio, suscita la viva contrarietà dei vertici della Confcommercio provinciale. Il presidente Sergio Rebecca, esprime così il proprio disappunto: “Va ricordato infatti che la qualifica di città d’arte non viene riconosciuta, nello spirito della normativa vigente, a tutti i centri, che sono fortunatamente numerosissimi nella nostra Regione, di interesse o valenza turistica. La specifica legge regionale vuole invece limitare l’apertura festiva dei negozi ai soli comuni nei quali l’effettivo afflusso turistico sia tale da rendere necessaria l’eccezionale deroga all’obbligo di chiusura. Ebbene, definire Schio città d’arte ci sembra a dir poco eccessivo e tale scelta si scontra sostanzialmente con quanto stabilisce la regolamentazione regionale. Nessuno può negare alla città un glorioso passato e un florido presente industriale che può essere di sicuro interesse per molti; ma non si può dire che questo sia motivo di particolare afflusso turistico per il centro storico. A nostro avviso, la validità degli indicatori necessari al riconoscimento di città d’arte non sono quindi stati vagliati con sufficiente attenzione dall’Amministrazione provinciale, alla quale più volte avevamo sollecitato di concedere la deroga all’obbligo di chiusura domenicale e festiva dei negozi solo ai comuni ad effettiva economia turistica o alle città d’arte, difendendo così il principio contenuto nella legge regionale 62/99. La decisione invece è scaturita sfruttando le pieghe della norma. Parte del territorio di Schio rientra infatti in zona montana e tale requisito fa scendere il numero minimo di posti letto, richiesti dalla legge regionale, a duecento. Da qui, il riconoscimento di città d’arte, così come richiesto dal comune, nonostante in più occasioni il sindaco si sia dichiarato contrario all’apertura dei negozi nei giorni festivi”.
Su questo fronte il presidente Rebecca rincara la dose: “E’ davvero singolare e sconcertante che i massimi esponenti della Provincia, così come quelli del comune di Schio dimentichino le assicurazioni fornite in più occasioni alla Confcommercio su tale tema. E, pur non tenendo conto delle dichiarazioni pre-elettorali, è preoccupante che il comune di Schio e la Provincia non considerino il grave rischio di scatenare una rincorsa all’apertura domenicale da parte degli altri comuni, inducendo sostanzialmente solo danni economici e morali alla comunità vicentina”.
“Le aperture domenicali dei negozi – continua Rebecca - se non sono giustificate da un reale flusso turistico sono solo fonte di concorrenza non corretta tra commercianti, tra chi, cioè, può tenere aperto tutti i giorni e chi, invece, o non ne ha facoltà (perché di un altro comune), o non può permetterselo. Non dimentichiamoci, infatti, che nella nostra realtà commerciale convivono strutture medie e grandi assieme a moltissimi piccoli negozi a conduzione familiare che offrono un servizio di vicinato. Sia i dipendenti delle prime, sia questi ultimi difficilmente possono sopportare i ritmi di lavoro e i costi inerenti all’apertura dell’attività sette giorni su sette. Come ciliegina sulla torta, Schio non ha flussi turistici tali da giustificare l’apertura domenicale dei negozi in giugno e settembre, poiché le presenze aumentano di qualche migliaio di unità, rispetto alla sempre modesta media mensile, solamente nei mesi di luglio e agosto, quando la zona collinare di Tretto gode del momento di maggiore richiamo”.
“In sostanza – conclude Rebecca – il richiedere il riconoscimento di città d’arte da parte del comune di Schio appare una scelta miope, come appare necessario che la Provincia riveda subito i parametri per la concessione di tali qualifiche”.
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