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mercoledì 17 agosto 2011

SE “LACRIME E SANGUE” DEVE ESSERE, ALMENO SI DIA UN ESEMPIO SERIO
DI RIGORE, PRIMA DI CHIEDERE
ULTERIORI SACRIFICI AI CITTADINI”
Sergio Rebecca, Presidente
della Confcommercio di Vicenza commenta
la manovra aggiuntiva varata
dal Governo
Comunicato del 16 agosto 2011

“Nel contesto dell’attuale situazione di instabilità economica e di fronte alle richieste dell’Europa e dei mercati, la manovra aggiuntiva da 45 miliardi di euro non poteva essere evitata.” Inizia così il commento di Sergio Rebecca, presidente della Confcommercio di Vicenza dopo la lettura del testo del decreto legge del 13 agosto scorso, contenente i provvedimenti di tagli e risparmi previsti dal Governo.   
“L’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 - continua Rebecca - è giusto e necessario, ma a quanto pare le misure peseranno sostanzialmente sui “soliti cittadini”, aggravando il prelievo a carico dei contribuenti in regola. Ancora una volta  non si ha avuto il  coraggio di avviare un riordino strutturale e di riduzione stabile della spesa pubblica, tagliando gli sprechi e i privilegi che questo Paese non si può più permettere. Ad iniziare, ad esempio, dalle pensioni d’oro e dai vitalizi agli ex parlamentari, maturati dopo solo 5 anni da deputati o senatori. Se “lacrime e sangue” deve essere, sarebbe stato almeno doveroso dare un esempio serio di rigore, prima di chiedere ulteriori sacrifici ai cittadini. Anche le riduzioni di trasferimenti a Regioni ed Enti locali finiranno inevitabilmente nel tradursi in un ulteriore inasprimento del prelievo fiscale per via delle addizionali e nel rincaro dei servizi pubblici locali”.        
In attesa dei testi definitivi sui provvedimenti previsti dalla manovra finanziaria, dopo il passaggio del decreto in Commissioni e alle Camere, alcune specifiche misure non mancano di destare preoccupazione in casa Confcommercio. “In materia di liberalizzazioni ed altre misure che dovrebbero favorire la crescita e lo sviluppo del nostro Paese – dice il presidente Sergio Rebecca – alcune scelte appaiono sbagliate, ad iniziare dall’abolizione delle regole in materia di orari e aperture dei negozi. Tale liberalizzazione è erronea nel metodo, poiché maturata senza alcun confronto con le parti interessate, imprese e lavoratori, e nel merito, perché invade le competenze delle Regioni in materia di orari e di disciplina delle attività commerciali, e non tiene conto del fatto che l’attuale presenza di  punti vendita sul territorio, composta da grande e media distribuzione e piccoli negozi, assicura elevati livelli di servizio ai cittadini. Togliere le regole non significa migliorare il sistema, bensì il contrario. I piccoli negozi non reggeranno la concorrenza dei grandi e l’offerta distributiva tenderà inevitabilmente verso, una triste, omologazione. Se non lo si capisce per tempo, dopo sarà troppo tardi, e il depauperamento progressivo della rete distributiva di prossimità sarà di fatto una perdita irreversibile di un servizio che ad oggi altri Paesi ci invidiano”.
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