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Confcommercio Veneto Notizie

LO SLOW SHOPPING FARA’ RIVIVERE I CENTRI STORICI

Nr. 20 del 09/11/2004

Il centro storico? Deve diventare il luogo dello slow shopping, di una propensione all’acquisto rilassata, piacevole e soprattutto consapevole. E’ l’asso nella manica da giocare per vincere la sfida contro i centri commerciali, dove invece fare la spesa sta diventando sempre di più un’autentica kermesse, caratterizzata dalla velocità e da un’atmosfera fondamentalmente artificiale. E’ questa l’indicazione più interessante emersa dalla giornata di studio nazionale «In centro tutta un’altra cosa», organizzata a Treviso, a cui ha partecipato anche il presidente nazionale della Confcommercio Sergio Billé. Il convegno ha fornito utili indicazioni sulle strategie da attuare per un riposizionamento delle attività commerciali nei centri storici. In particolare, secondo la ricerca commissionata all’Agenzia Metacomunicatori, il primo gap da colmare è quello della comunicazione. Il centro commerciale, infatti, è generalmente visto dal consumatore, attraverso l’immagine filtrata dai mass media, come un luogo di innovazione, modernità, dove vengono fornite risposte all’altezza delle aspettative. Il centro storico invece è visto come il luogo della conservazione, della difesa dei privilegi, dell’inadeguatezza e dell’assenza di risposte. Il centro storico sconta poi i limiti di una difficile accoglienza per la penuria e la scarsa funzionalità dei parcheggi, per l’inquinamento, per la dispersività dei percorsi commerciali. In questo senso, ha rilevato la ricerca, «occorre andare oltre l’arredo urbano e intervenire con specifici piani di riqualificazione dei percorsi commerciali».
Su questa perdita di identità dei centri storici ha ovviamente pesato la scomparsa del food, che si è trasferito quasi completamente all’interno dei centri commerciali. «E’ importante però osservare - rileva la ricerca - che a fianco dell’abbigliamento si stanno creando e stanno crescendo nuove nicchie, non rilevanti sotto il profilo quantitativo, ma sicuramente caratterizzanti dal punto di vista qualitativo. Accanto a qualche tradizionale prestigioso negozio specializzato in enogastronomia stanno conquistando uno spazio specifico i settori del biologico, del tipico, del multietnico: una dinamica che va incoraggiata e sostenuta se si vuol recuperare un patrimonio perduto, prima che la grande distribuzione organizzata si appropri anche di questa nuova tendenza».
I punti deboli del centro storico sono purtroppo ben noti. Non paiono invece adeguatamente valorizzati i punti forti. «Il fatto che i più recenti centri commerciali - scrive la ricerca - siano concepiti sul modello della piazza e del borgo, la dice lunga non solo sul valore in sé dei centri storici, ma anche sulle tendenze che stanno emergendo in un segmento sempre più ampio dei consumatori». Il terreno dove recuperare competitività, secondo gli estensori della ricerca, non è tanto l’attrazione del prezzo e dei prodotti di largo consumo, che è ancora forte nei confronti dei centri commerciali, bensì «la qualità del processo d’acquisto. Nessun centro commerciale artificiale potrà mai riprodurre l’autenticità dei centri storici: saranno sempre delle imitazioni. Solo i centri storici assicurano un’ineguagliabile atmosfera d’acquisto. Un argomento da utilizzare con grande forza e sistematicità a livello progettuale e comunicativo». Il centro storico, in sostanza, è un riferimento radicato nella nostra attività simbolica e un emblema di identità e appartenenza territoriale. Per questo lo carichiamo di «quei valori autentici, di quei preziosi contenuti che sono all’origine di una differente qualità del vivere». E sono proprio questi aspetti a costituire il valore aggiunto del grande centro commerciale naturale che è il centro città. Chiaro che questa sensazione, questa atmosfera, va riempita di contenuti. Il commerciante del centro storico, ad esempio, secondo la ricerca, «deve tornare a riappropriarsi del ruolo di selettore, di operatore qualificato e ricorrentemente aggiornato» e ciò specialmente oggi, in una società sovraffollata di merci. In questo contesto ecco che l’acquisto non deve più essere mordi e fuggi ma «rilassato e consapevole». Una tendenza che si sta diffondendo con il diffondersi di un consumatore «che ama fare della spesa un momento di crescita, che dedica tempo a valutare le proposte in campo (comportamento che riguarda maggiormente il pianeta femminile) o che nota subito l’occasione giusta per soddisfare il suo stile di pensiero (modalità di acquisto più tipicamente maschile)». E’ lo slow shopping, il cui scenario ideale è proprio il centro storico, dove si ha la possibilità di «ri-creare, dentro e fuori i negozi, un ambiente adatto al piacere di fare la spesa, con un efficace intreccio di consumi di qualità».
Chiaro che per facilitare un rilancio dei centri storici come luoghi dove fare la spesa è un piacere non dipende solo dalla buona volontà dei commercianti. E qui iniziano le note dolenti, sottolineate nel corso dell’intervento di Sergio Billé. «Non si potranno risolvere i problemi, anche dei nostri centri storici - ha detto il Presidente Nazionale di Confcommercio - fino a quando le pubbliche istituzioni non si decideranno ad affrontare, con carattere di assoluta priorità, i problemi della logistica cioè di quell’insieme di infrastrutture che oggi sono indispensabili, da un lato, per abbassare i sempre crescenti ed abnormi costi della mobilità e, dall’altro, per aumentare la produzione e la circolazione della ricchezza». Ma è indubbio che il commercio non può neppure stare a guardare, attendendo interventi ed infrastrutture che non arrivano. Così, come ha affermato nel corso del suo intervento Giovanni Bort, presidente della Commissione Nazionale Centri Storici di Confcommercio, è importante almeno che «i diversi soggetti operanti nel centro storico - piccole aziende commerciali, pubblici esercizi, ristoranti, artigiani - non si considerino più come realtà chiuse «al di qua della porta» in attesa che il cliente entri. Debbono invece rafforzare la capacità di diventare aziende dinamiche ed aggressive, comprendere che la loro forza sta nello «stare insieme» e che ciascuno è parte di un sistema che interagisce in modo dinamico con le altre attività imprenditoriali».

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