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giovedì 02 maggio 2002

L’ABROGAZIONE DELL’IMPOSTA SULLE INSEGNE VALE SOLO PER LE SUPERFICI FINO A CINQUE METRI

Le ultime disposizioni previste dal D.L. 13/2002 sono in contraddizione con una precedente circolare del Ministero delle Finanze

Con una lettere ai sindaci l’Ascom di Vicenza chiede una nuova proroga dei termini di pagamento al 31 maggio

Una ulteriore puntata si aggiunge a quella che oramai è a tutti gli effetti la “telenovela” dell’abrogazione della tassa sulle insegne. Con la conversione in legge nei giorni scorsi del D.L. 22/2/2002 n. 13, recante disposizioni urgenti in materia di funzionalità degli enti locali, assume particolare importanza la decisione riguardante l’abrogazione dell’imposta sulle insegne aventi superficie complessive superiore a cinque metri quadrati.
Il D.L. chiarisce che “per le insegne di esercizio di superficie complessiva superiore a 5 metri quadrati l’imposta o il canone sono dovuti per l’intera superficie”.
Sembrerebbe definitivamente sciolto, dunque (ma al momento in cui scriviamo il provvedimento non è ancora stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale), uno dei punti più controversi della normativa. Ma va subito detto che il Ministero dell’Economia e Finanze, con una precedente circolare datata 8 febbraio 2002, aveva affermato il contrario, vale a dire che erano da assoggettare a tributo solo le porzioni di superficie che eccedevano i primi cinque metri.
Ora sulla base della nuova legge, risulterebbe che per le superfici complessivamente inferiori a metri 5 non si deve pagare nulla, mentre per le superfici superiori si dovrebbe pagare tutto, compresi i primi cinque metri.
Il condizionale è d’obbligo, perché le incongruità che hanno caratterizzato l’emanazione e l’applicazione di questo decreto sono state fino ad oggi moltissime, anzi, troppe. I “guai” per gli operatori sono nati con l’abolizione dell’imposta sulle insegne pubblicitarie fino a 5 metri inserito nella Finanziaria 2002. Il provvedimento, atteso e giudicato positivamente dalla stessa Confcommercio, ha portato infatti con sé alcune problematiche non di poco conto. Per esempio il fatto che l’imposta di pubblicità andava versata entro il 31 gennaio, anche se i Comuni, in base alla legge finanziaria, avevano facoltà di deliberare aumenti della stessa imposta entro il 28 febbraio. Risultato? I contribuenti non hanno potuto mettersi l’anima in pace neppure dopo aver pagato: si sono infatti dovuti informare anche su eventuali aumenti deliberati dai Comuni successivamente, provvedendo ad integrare la cifra versata con un ulteriore pagamento.
Prevedendo la situazione caotica in cui gli operatori del settore si sarebbero venuti a trovare, la Confcommercio di Vicenza si è subito attivata spedendo due lettere (il 17 gennaio e il 6 febbraio 2002) nelle quali i sindaci della provincia venivano invitati a deliberare con urgenza una congrua proroga del termine per il versamento relativo al 2002, in attesa dei necessari chiarimenti.
Di fronte alla mobilitazione dell’Ascom berica e della Confcommercio nazionale, il Consorzio Anci-Cnc ha avallato la legittima richiesta dei commercianti di una proroga dei termini di pagamento al 30 aprile. Nel frattempo è stato anche attivato un tavolo di lavoro per sciogliere alcuni nodi irrisolti della nuova normativa, tra cui appunto quello relativo all’applicazione dell’imposta sulle insegne.
Come si diceva, un aspetto è stato chiarito dall’emanazione, nei giorni scorsi, del D.L. 13/2002, che però si è rivelato in contraddizione con una circolare precedentemente emanata dalla Ministero dell’Economia e Finanze. “Siamo alle solite – è il commento del direttore della Confcommercio di Vicenza Andrea Gallo –. Il contribuente si trova di nuovo spiazzato da indicazioni contraddittorie che generano una situazione di grave incertezza. Il nostro prossimo atto sarà allora l’invio a tutti i Sindaci della provincia di una richiesta di proroga (a cui dovranno attenersi anche i concessionari della riscossione) del termine di versamento di quanto dovuto a titolo di integrazione dell’imposta sui primi 5 metri, che il Ministero aveva precedentemente considerato non tassabili. Il termine va almeno spostato al 31 maggio, perché non si può obbligare i cittadini a mettersi in regola secondo le nuove disposizioni, emanando provvedimenti a pochi giorni dalla scadenza dei termini”. “Una cosa comunque è certa – prosegue Gallo – una norma che rappresentava un, seppur piccolo, segnale di riduzione della pressione fiscale, si è trasformata in un autentico e ingiustificato calvario per il contribuente”.
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